Spettacoli

Mario Venuti: “Nella musica aumenta il tasso di bruttezza, è la sindrome del tormentone. Sull’omosessualità passi in avanti, i giovani sentono meno lo stigma”

Il cantautore siciliano pubblica il nuovo album ‘Tra la carne e il cielo’

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Se è vero che la bellezza non ha un tempo, Mario Venuti è un artista perfettamente dentro al nostro tempo. Da sempre fuori dalle mode (“me lo ha insegnato Battiato”), il cantautore siciliano pubblica il suo nuovo album Tra la carne e il cielo, l’undicesimo a suo nome in una carriera ormai più che quarantennale. Un progetto ancora una volta fondato sul suo amore per la musica brasiliana, per le contaminazioni e per il pop sofisticato ed elegante, che affronta anche tematiche di stretta attualità come il degrado ambientale (il nuovo singolo si intitola proprio Degrado e racconta il dramma delle città in preda all’incuria), l’omosessualità, gli abusi da parte della classe ecclesiastica. Ci sono ospiti (Lucariello, Fabiana Martone e Neney Santos nel brano Napoli-Bahia), c’è una rilettura di un brano di Caetano Veloso (Andiamo via, adattamento in italiano di Você não entende nada), una ballad scritta per Stefano Di Battista e Nicky Nicolai (La lingua perduta del cuore) da loro incisa nel 2006. E la ricerca, come suggerisce il titolo del disco, di un equilibrio tra la dimensione terrena e quella spirituale.

Venuti, cos’è per lei il cielo?

“Quando si parla di anima, cielo, si tratta sempre un po’ di proiezioni piuttosto vaghe. Indicano un po’ la citazione dantesca ‘fatti non foste...’, il tentativo di elevarsi oltre la bestialità. Ora sono buddista, ho potuto fare un lavoro di accrescimento umano e spirituale che non mi fa sottostare al gioco del cattolicesimo pieno di sensi di colpa e di peccati”.

Il suo è un disco come sempre pieno di colori, melodicamente e armonicamente molto ricco. In mezzo a tanta bellezza trova spazio per argomenti anche urticanti come il degrado e gli abusi della chiesa…

“Sono temi che affronto come altri argomenti. Il disimpegno fine a se stesso, forse per l’età, non me lo sento più addosso. Lo faccio con naturalezza, come quando affronto normali conversazioni. La mia generazione è abituata a mettere contenuti nei brani, anche se non credo di essere un cantautore di protesta. Anche l’omosessualità è un tema scivoloso, tanti brani l’affrontano in modo ridicolo. Faccio un esempio: negli anni 80 adoravo gli Style Council, il loro soul stiloso, i loro vestiti impeccabili, però poi Paul Weller tirava sempre fuori il suo animo laburista. Ecco, sono cresciuto con quel contrasto”.

Mario Venuti al Festival di Sanremo del 2004
Mario Venuti al Festival di Sanremo del 2004 

Nel disco ci sono un paio di spunti che fanno sospettare che lei sia un po’ stufo del politicamente corretto. C’è un brano intitolato ‘Angelo negro’ e un altro intitolato ‘Segui i tuoi demoni’. Un’idea che cozza un po’ con l’abitudine che abbiamo di cercare di scacciarli, quei demoni...

"Io considero un demone anche la musica. Può procurare sofferenza, perché necessita di uno sforzo per raggiungere un obiettivo faticoso. I demoni sanno bene chi sei, ma li devi affrontare, scavare nel marcio che c’è dentro di noi. Sul politicamente corretto, ormai le sue sentinelle ti avvertono quando una parola usata non è adeguata. Ma siamo sicuri che sia la parola in sé o dipende dal modo in cui la si usa? Se io avessi usato la parola nero anziché negro per non essere scorretto avrei evocato scenari dark che invece nella canzone non ci sono. Il brano racconta di situazioni contrastanti”.

In ‘Segui i tuoi demoni’ dice “viene l’estate, la stagione delle brutte canzoni”. Ma è davvero così?

“Il tasso di bruttezza aumenta. C’è la sindrome del tormentone, dell’evasione a tutti i costi e questo porta a dei risultati disastrosi. Molte hit sono create a tavolino. Ritornano i giri armonici degli anni 60, sono eterni, ma furbescamente si sa che è un archetipo musicale che si può usare con effetti positivi. Il risultato è molto ruffiano. Poi, ovviamente, ci sono anche tante cose buone”.

In ‘Ganimede’ affronta il tema dell’omosessualità. Pensa che siano stati fatti passi avanti?

"Voglio pensare che qualche passo avanti sia stato fatto. Da noi c’è ancora tanta strada da fare, anche se in tv, tra fiction, dibattiti e film, il tabù si sta sgretolando. A volte si potrebbe tentare di essere meno goffi, ma lo sforzo di parlarne c’è. È un bene soprattutto per le nuove generazioni che possono sentire meno il vecchio stigma. Ho apprezzato il coming out di Tiziano Ferro, fatto mentre era all’apice del successo. Nella cultura anglossassone è un gesto rasserenante, da noi è ancora un po’ meno diffuso”.

2008 Morena Brengola
2008 Morena Brengola 

Come si sente in mezzo ai nuovi linguaggi della musica?

"Sono cosciente di rappresentare un mondo parallelo, ma non è che ho interrotto le comunicazioni col resto. Non ascolto più tante cose nuove, piuttosto riascolto e rileggo dischi e libri del passato. Un po’ per riprovare quelle sensazioni e un po’ perché, con i cambiamenti che ho avuto nel tempo, ci trovo dentro cose nuove. E, in generale, la musica nuova mi lascia un po’ freddo”.

Ha inserito nel disco una serie di vecchie foto di famiglia, tutte con quella sfumatura seppia tipica degli scatti di quel periodo. Che rapporto ha con la nostalgia?

"Io, come tutti i siciliani, ho un rapporto con la memoria quasi mitizzato. A volte penso che tutto quello che canto non sia altro che una ricerca di un mondo perduto. La mia musica è solare, ma dietro c’è sempre un fondo malinconico. Energia, sorriso, vitalità, ma è come nella musica brasiliana: tanto ritmo, ma c’è ‘la lacrima chiara sulla pelle scura’. L’unione di questi due sentimenti crea la magia. Sono un appassionato di Gesualdo Bufalino, in Argo il cieco fa diventare la memoria un sogno”.

Ha conosciuto bene Battiato. Che ricordo ha di lui? E ci sono altri colleghi, tra i tanti con cui ha collaborato, cui è rimasto particolarmente legato?

“Battiato era una persona che ti conquistava perché aveva un carisma naturale ma si divertiva a contraddire l’idea che potevi avere di lui, quello di un mistico molto austero. In realtà era un grande barzelliettere, spiritosissimo. Se tentavi di avere un contatto col suo terreno culturale si divertiva a sdrammatizzare. Con altri artisti ho trovato sempre il piacere di conoscersi. Mi sono divertito moltissimo con Bianconi, che è un altro musicista che ama collaborare. È colto, scrivere insieme è molto divertente”.

Pochi giorni fa abbiamo letto in un’intervista un giudizio un po’ duro su Amadeus, qualcosa del tipo “sappiamo che la scelta del cast di Sanremo l’ha fatta suo figlio”.

“I Sanremo di Amadeus sono stati molto giovanilisti. Ho aggiunto, in serenità, che magari il figlio potrebbe essere stato un consulente, funzionando come antenna. Solo che una fascia di cantautori italiani ha finito per soffrirne un po’. Della vecchia guardia, alla fine, c’erano solo i Ricchi e Poveri”.

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