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Il caso

Niente più WhatsApp e Threads sugli iPhone in Cina: il governo chiede, Apple ubbidisce

Niente più WhatsApp e Threads sugli iPhone in Cina: il governo chiede, Apple ubbidisce
(afp)
La decisione riguarda pure Telegram e Signal e la richiesta sarebbe legata a presunti timori per la sicurezza nazionale: “Obbligati a seguire le leggi dei Paesi in cui operiamo, anche quando non siamo d'accordo”, hanno detto da Cupertino
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Da una parte il governo americano che sembra intenzionato ad andare avanti sul blocco di TikTok negli Stati Uniti, dall’altra parte il governo cinese che chiede ad Apple la rimozione di WhatsApp e Threads dall’App Store.

E se la prima cosa è ancora molto di là da venire (il voto in Senato è previsto entro fine aprile, il ban potrebbe scattare a ottobre), la seconda è praticamente già fatta e operativa.

“Rischi per la sicurezza nazionale”

Secondo quanto rivelato dal Wall Street Journal (qui), le due note app di Meta sono state già rimosse dal negozio online della Mela e dunque non possono più essere scaricate sugli iPhone venduti in Cina; a quanto si apprende, stessa sorte è toccata anche a Signal e Telegram, app di messaggistica note per l’attenzione data alla riservatezza delle comunicazioni.

Va detto che queste app erano già utilizzabili con parecchia difficoltà in Cina (e anche che chi le ha già installate sui propri iPhone e iPad potrà comunque continuare a usarle), perché serviva farlo attraverso una VPN; quello che succede adesso è che per chi ancora non le ha e volesse scaricarle è stata aggiunta un’ulteriore complicazione, relativa al semplice fatto di reperirle.

Invece, e abbastanza sorprendentemente, restano ancora disponibili in Cina altre app molto popolari e simili e sempre di origine occidentale, come (per esempio) Facebook, Instagram, Messenger, YouTube e Twitter.

Apple ha confermato l’accaduto, con un commento stringato e lapidario: “La Cyberspace Administration of China ha ordinato la rimozione di queste app dallo Store cinese sulla base di timori per la sicurezza nazionale. Siamo obbligati a seguire le leggi dei Paesi in cui operiamo, anche quando non siamo d'accordo”.

@capoema