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La normativa

Un miliardo per le startup e carcere per chi danneggia gli altri con i deepfake: cosa prevede la legge sull'Ai

Un miliardo per le startup e carcere per chi danneggia gli altri con i deepfake: cosa prevede la legge sull'Ai
Ventisei articoli. Un perimetro di norme che definisce le regole della partita che l’Italia giocherà sull’Intelligenza artificiale. Cosa prevede il disegno di legge approvato in Consiglio dei ministri 
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Ventisei articoli. Un perimetro di norme che definisce le regole della partita che l’Italia giocherà sull’Intelligenza artificiale. Il disegno di legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri contiene molte conferme e poche novità rispetto alla bozza circolata nelle scorse settimane. Pochi gli interventi restrittivi. Più corposi quelli a favorire un’industria dell’Ai che in Italia è in buona parte da costruire. Per facilitare questo processo, ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alessio Butti, “è previsto un investimento di circa un miliardo con la collaborazione di Cpd”. Soldi che, ha detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, serviranno a far nascere e crescere “startup che operano nel settore e consentire la nascita di un campione nazionale del settore”.

Ed è in direzione di facilitare la nascita di una filiera dell’Ai che andrebbe letta in particolare la decisione di dare all’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) e all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) il ruolo rispettivamente di propulsore e controllore dello sviluppo dell’Ai in Italia. La scelta di due agenzie governative ha creato qualche malumore. Ma il testo, ha detto Butti, “è assolutamente in linea con quanto votato dall’Europarlamento, quello italiano è il primo governo che legifera in materia di intelligenza artificiale”.

Un ddl che per Butti “definisce senza equivoci chi elabora la strategia” e “chi monitora, chi vigila e chi notifica e sanziona”. Il ddl parte da alcuni principi generali. Come quello di sviluppare intelligenze artificiali che creino strumenti “nel rispetto dell’autonomia e del potere decisionale dell’uomo”. O, ancora, che non pregiudichino “lo svolgimento democratico della vita istituzionale e politica”. Principi declinati sul lavoro, sulla giustizia, sull’editoria dove l’Ai potrà essere applicata “senza pregiudizio alla libertà e al pluralismo dei mezzi di comunicazione, alla libertà di espressione, all’obiettività e alla completezza, imparzialità e lealtà dell’informazione”.

Niente accesso a queste tecnologie per i minori di 14 anni, senza consenso dei genitori. Mentre chi creerà un danno alle persone diffondendo video o audio modificati sarà punito con la “reclusione da uno a cinque anni”, ha ricordato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il guardasigilli ha ribadito la necessità del provvedimento, perché “ci troviamo davanti a una vera rivoluzione di cui non conosciamo gli esiti”.

Forse la parte più coraggiosa del ddl riguarda la sanità. Il trattamento dei dati, anche personali eseguiti da soggetti pubblici e privati senza scopo di lucro, sono dichiarati “necessari ai fini della realizzazione e dell’utilizzo di banche dati e modelli di base”, quindi, “di rilevante interesse pubblico”. I dati personali si quindi si potranno usare per l’addestramento di modelli in grado di fare diagnosi e immaginare cure, “restando fermi i poteri ispettivi e sanzionatori dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali”.

Il motivo è consentire ricerca e potenziamento di questi strumenti. E sempre per potenziare le competenze in ambito Ai, il disegno di legge estende il regime di agevolazioni fiscali per far tornare in Italia ricercatori che hanno svolto all’estero attività di ricerca nel settore. Sempre lato formazione, una curiosità: il testo prevede che studenti ad “alto potenziale cognitivo” possano seguire corsi di formazione superiori vedendosi riconosciuti crediti formativi. Portando in Italia una pratica già da tempo adottata negli Usa per lo sviluppo intellettuale di nuovi talenti.