Economia

Panetta: “Senza tagli ai tassi l’Europa rischia la stagnazione”

Panetta: “Senza tagli ai tassi l’Europa rischia la stagnazione”
(ansa)

Il governatore della Banca d’Italia sprona la Bce: “Piccoli tagli e graduali, ma bisogna agire in modo tempestivo”. L’Eurotower: “L’inflazione al 2% nel 2025”

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Berlino - Il primo taglio dei tassi negli Stati Uniti potrebbe slittare al giorno dopo le elezioni presidenziali del 5 novembre. Per il presidente americano Joe Biden, che corre per la rielezione e che avrebbe voluto un alleggerimento del costo del denaro prima del cruciale appuntamento elettorale, è una pessima notizia. Ieri due dati hanno sorpreso negativamente gli analisti e gli investitori. Primo, la crescita ha segnato un risultato molto al di sotto delle aspettative: si è fermata nel primo trimestre dell’anno all’1,6% contro le aspettative di un aumento del 2,5%.

Soprattutto, l’inflazione è balzata al 3,7% contro le stime degli analisti del 3,4%. La corsa dei prezzi al consumo non è ancora domata, insomma, e la Fed dovrà essere presumibilmente più cauta prima di uscire dalla fase restrittiva di politica monetaria. La Segretaria al Tesoro Janet Yellen ha gettato acqua sul fuoco dicendosi certa che i dati sul Pil saranno rivisti al rialzo e che l’inflazione tornerà sotto controllo. “L’economia americana - ha detto l’ex governatrice della Fed - continua ad andare molto, molto bene».

Ma anche se questi ultimi, sorprendenti dati acuiscono le differenze con l’Europa, Fabio Panetta ha invitato ieri a non trarre conclusioni sbagliate dalle necessarie divergenze che ne discendono anche per le banche centrali sulle due sponde dell’Atlantico. Il governatore della Banca d’Italia ha sottolineato che al momento sia l’inflazione sia la crescita nell’eurozona suggerirebbero di accelerare, anzi, sul taglio dei tassi.

«I rischi al ribasso nell’outlook implicano che la Bce dovrebbe considerare la possibilità che la politica monetaria possa diventare ‘troppo restrittiva’, d’ora in avanti», ha sottolineato durante un intervento alla Banca centrale europea. Per l’ex membro del board della Bce la politica monetaria va considerata eccessivamente restrittiva sia «se provoca una grave recessione», sia «se spinge l’inflazione al di sotto dell’obiettivo» del 2% e «causa una prolungata stagnazione economica». Nell’ultimo decennio l’inflazione è stata quasi sempre sotto al 2%, ha ricordato Panetta: un disequilibrio che può essere «molto costoso», alla lunga.

Gettando lo sguardo oltreoceano, se anche sembra rallentare più del previsto, l’economia americana mostra ancora un ritmo galoppante rispetto a quella europea, e potrebbe crescere il triplo, rispetto all’area della moneta unica, ossia il 2,7% contro lo 0,8%. Continua a essere spinta moltissimo, come ha ricordato ieri il capo di Jp Morgan Jamie Dimon al Wall Street Journal, dai maxi stimoli fiscali, e potrebbe spingere l’inflazione ancora alle stelle. In una lettera agli investitori, Dimon ha tracciato uno scenario cupo: «l’enorme spinta fiscale, le migliaia di miliardi necessarie ogni anno per la transizione green, il riarmo del mondo e la ridefinizione del commercio globale sono tutti fattori che alimentano l’inflazione». Il numero uno di JpMorgan ha messo in guardia da tassi di interesse che potrebbero salire addirittura all’8% negli Stati Uniti, nei prossimi anni.

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Dimon sembra confermare l’analisi di Panetta, quando ieri ha precisato che le scelte delle banche centrali sui tassi «non sono certo l’unica o la principale causa di questa divergenza» tra Stati Uniti ed Europa. Ma è importante, ha sottolineato l’ex membro del board della Bce, «che non diventino un ostacolo superfluo che impedisca all’area euro di raggiungere il suo pieno potenziale». Insomma, il “decoupling” tra la Fed e la Bce «non è particolarmente critico» nell’attuale congiuntura.

Anzi, Francoforte dovrebbe tenere conto proprio degli effetti negativi su crescita e inflazione europea del costo del denaro alto negli Stati Uniti. «Se i mercati si aspettano che i tassi cadano ma la Fed li mantiene invariati (per esempio sulla base di un’inflazione alta), il resto del mondo subisce un inattesa stretta monetaria». Che «ha un impatto negativo su inflazione e Pil nell’eurozona».

Attenzione, dunque, a «ritardi ingiustificati» nel taglio dei tassi in Europa: si rischia la stagnazione e un’inflazione (di nuovo) al di sotto dell’obiettivo. E nel ritmo della discesa del costo del denaro, è anche importante che sia «graduale».

Infine, l’andamento dei prezzi al consumo ha un andamento molto diverso nell’area euro, rispetto agli Usa. E Panetta sottolinea che i rischi di una spirale salari-prezzi «è bassa».

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