Spettacoli

Franco Di Mare: “Ho un tumore inguaribile. Dopo la malattia dalla Rai sono spariti tutti: è ripugnante”

Il giornalista, ospite di ‘Che tempo che fa’, ha rivelato di essere gravemente malato: “Ho un tumore molto cattivo, il mesotelioma: si prende respirando le particelle di amianto. Mi rimane poco da vivere ma non è ancora finita”

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Un’apparizione drammatica, quella di Franco Di Mare a Che tempo che fa sul Nove. Chiamato a partecipare al programma di Fabio Fazio per presentare il suo nuovo libro Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi, il giornalista, storico conduttore di Unomattina e già direttore di Rai 3, è apparso in video con un respiratore artificiale e ha svelato la sua malattia.

«Mi vedete qui con questi tubicini collegati a un respiratore automatico che mi permette di essere qui», ha esordito con un filo di voce, «nonostante io abbia preso un tumore molto cattivo, si prende perché si respirano particelle di amianto senza saperlo e una volta liberata nell’aria la fibra ha un tempo di conservazione di sé lunghissimo e quando si manifesta è troppo tardi. Dire che con questo finiscono le speranze non è vero, perché la scienza va sempre avanti».

Franco Di Mare: "Ho un tumore legato all'amianto, il tubicino sul viso mi permette di raccontarlo"

«Sono qui a festeggiare una soluzione che potrebbe essere scoperta — ha proseguito — speriamo che ci sia una soluzione e che non sia così lontana». Parlando con Fazio, che ha ricordato come ieri ricorresse la giornata dei lavoratori vittime dell’amianto, Di Mare ha dichiarato di avere poco da vivere e ha collegato la sua malattia ai tanti servizi da inviato di guerra, soprattutto nella ex Jugoslavia: «Si prende perché si respirano particelle di amianto senza rendersene conto: una fibra di amianto è 6.000 volte più piccola e leggera di un capello. Una volta liberata nell’aria non si deposita più per terra, uno la respira senza rendersi conto».

Di Mare ha però voluto lanciare messaggi di speranza: «Non è vero che domani non ci siano possibilità, al momento no. Non bisogna buttarsi giù, lo dico agli ammalati di questo stesso tumore che ho io, che si può andare avanti con ragionevoli speranze che ci sia una soluzione e che non sia così lontana». E ha poi aggiunto: «Io ho avuto una vita bellissima, le memorie che ho sono piene di vita, non mi voglio fossilizzare attorno all’idea della morte ma all’idea che c’è una vita, anche tutti i giorni. Quello che mi spiace tanto è scoprirlo solo adesso. Non è ancora tardi, non è ancora finita. Come diceva Boškov, la partita finisce quando l’arbitro fischia e il mio arbitro non ha fischiato ancora».

La parte più amara dell’intervista è stata quella in cui si è parlato della Rai e del trattamento ricevuto dai suoi colleghi: «Si sono dileguati. Tutti i gruppi dirigenti, non quello attuale, ma quello precedente, quello precedente ancora. Posso capire che esistano delle ragioni di ordine legale, sindacale, ma io chiedevo alla Rai lo stato di servizio che è un mio diritto, i posti in cui sono stato, così potevo provare a chiedere alle associazioni di categoria cosa fare… sono spariti tutti. Se io posso arrivare a capire, e non è che lo debba fare per forza, che possano esistere ragioni legali o sindacali, quello che capisco meno è l’assenza sul piano umano. Persone a cui parlavo dando del tu, perché ero un dirigente Rai, sono sparite, si sono negate al telefono, a me. Come se fossi un questuante. Io davanti a un atteggiamento del genere trovo un solo aggettivo: ripugnante».

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