Esteri

Griner, memorie dalla prigione in Russia: “Sangue, sporcizia e gelo. Ho pensato al suicidio”

Griner, memorie dalla prigione in Russia: “Sangue, sporcizia e gelo. Ho pensato al suicidio”

La star del basket ha raccontato in un’intervista e un libro la sua esperienza nel carcere a Mosca

2 minuti di lettura

New York - “Dio mio, come ho potuto fare questo errore, dove avevo la testa? Davanti a me vedevo sparire anni di duro lavoro”. Brittney Griner ha raccontato per la prima volta, in un’intervista a Abc, il calvario vissuto in carcere in Russia, prima di essere liberata in uno scambio di ostaggi. Griner, 33 anni, texana di Houston, alta più di due metri, considerata una delle star del basket femminile americano, aveva pensato anche al suicidio, chiusa in cella, al freddo, senza le condizioni minime d’igiene, assalita dai ragni.

“Più volte - ha rivelato - ho pensato di farla finita. Soffrivo troppo, vivevo tutto questo molto male, non ero certa che ce l’avrei fatta. Sì, davvero, l’ho pensato”. A evitare che andasse a pezzi, è stato il pensiero della famiglia. “C’è stato un momento - ha ricordato - che mi sono detta: e se non consegnano il corpo alla mia famiglia? Non posso sottoporli a questa cosa, devo resistere”. L’intervista, con passaggi drammatici e molto emotivi, ricostruisce tutta la vicenda di una persona trasfigurata da quell’esperienza: da ribelle del basket mondiale a persona più silenziosa, scossa da lunghi momenti di fragilità, finita l’anno scorso nel tunnel della depressione e sottoposta a cure mentali.

La vicenda

Era il 17 febbraio 2022 quando Griner venne arrestata all’aeroporto internazionale Sheremetyevo di Khimki, in Russia, dopo che le autorità avevano trovato prodotti alla marijuana, vietati in Russia. La cestista ha spiegato che l’olio di cannabis le era stato prescritto dai medici della franchigia in cui giocava, a Phoenix, come antidolorifico per infortuni precedenti, tra cui una frattura alla caviglia e la riduzione della cartilagine di un ginocchio. La giocatrice, che era andata in Russia per giocare con un contratto molto più ricco di quello garantito in Usa alle atlete della Wnba, un milione di dollari, cinque volte più di quanto guadagnano le stelle in Usa, era stata messa in una cella di isolamento nella colonia penale IK-2, in Mordovia, a 500 chilometri da Mosca.

“Dormire era dificile - ha raccontato - c’era un’enorme macchia di sangue sul materasso e avevi solo lenzuola sottili, per cui in pratica dormivi sulle sbarre del letto”. Alle detenute veniva dato un solo rotolo di carta igienica al mese e dentifricio scaduto quindici anni prima. Griner l’aveva usato per togliere la muffa alle pareti.

La detenzione

“Avevo un paio di magliette - ha aggiunto - un paio di canottiere, le scarpe che avevo ai piedi. Una maglietta la usavo per pulirmi, un’altra come rotolo di carta igienica. Lo sporco ovunque, il buco della fogna con tutte le feci, beh, quello è stato un momento in cui mi sono sentita davvero sporca, la più sporca, meno di un essere umano”. Il freddo nella cella aveva fatto il resto. Griner aveva deciso di tagliarsi le treccine rasta.

“Si erano congelate e avrei rischiato di ammalarmi. E poi avevo ragni che strisciavano lungo il letto. Avevano fatto il nido. A un certo punto devi fare quello che serve per sopravvivere”. Sentiva di essere come tutte le detenute, ma anche di essere qualcosa di speciale. L’atleta americana temeva che non sarebbe mai stata scambiata con altri prigionieri, a causa dei rapporti tesi tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e quello russo Vladimir Putin, per via dell’invasione russa in Ucraina.

La lettera a Putin

Le avevano consigliato di scrivere una lettera al capo del Cremlino per chiedergli di concederle la libertà. “Mi fecero scrivere questa lettera. Era in russo. In pratica chiedevo perdono e ringraziavo quello che era per loro il cosiddetto ‘grande leader’”. “Non volevo farlo - ha spiegato - ma allo stesso tempo volevo tornare a casa”. Poi era arrivato il giorno della svolta: lo scambio con Viktor Bout, il trafficante di armi chiamato “mercante di morte”, detenuto in Usa per scontare una pena di venticinque anni. Griner gli strinse la mano durante quei secondi in cui i due si erano incrociati. Lui le aveva fatto i complimenti, con un tono raggelante, ha raccontato l’americana. Nell’intervista l’americana ha spiegato che non giocherà mai più lontano dagli Stati Uniti. Lo farebbe solo se chedessero di giocare con la nazionale alle Olimpiadi di Parigi.

I commenti dei lettori