Che cosa ha fatto per noi l’Europa: gli eurobond per finanziare il Next Generation Eu

Che cosa ha fatto per noi l’Europa: gli eurobond per finanziare il Next Generation Eu
(afp)

I titoli del debito pubblico europei non sono stati però finora “istituzionalizzati”. E dopo il Pnrr non c’è stato il bis per sostenere l’Ucraina: prima serve l’unione fiscale

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ROMA
– La prima volta se ne è parlato negli anni Novanta: era il 1993 quando Jacques Delors propose, sia pure in forma embrionale, nel “Libro Bianco” presentato alla Commissione Europea, l’emissione di obbligazioni europee per finanziare gli investimenti in infrastrutture dell’Unione. Il dibattito è ripreso e si è progressivamente intensificato con la crisi finanziaria del 2008, poi con la successiva crisi dei debiti sovrani europei, ma è soltanto con la pandemia che si è arrivati alla prima emissione di titoli europei del debito pubblico, per finanziare il Next Generation Eu, il grande programma di investimenti per portare i Paesi più colpiti dalla pandemia fuori dalla crisi, e per aiutarli ad affrontare la transizione energetica e digitale.

Un piano da 800 miliardi

Fra l’ottobre del 2020 e il dicembre del 2022, nell’ambito del programma Sure, la Commissione europea ha emesso 98,4 miliardi di titoli per finanziare i suoi progetti sociali. Da giugno 2021 si debbono poi aggiungere circa 170 miliardi euro di titoli a medio e lungo termine per il programma Next Generation Eu, varato per rilanciare l’economia europea dopo la crisi pandemica: prevista una raccolta complessiva di 800 miliardi di euro entro la fine del 2026. Al momento ci sono emissioni per circa 450 miliardi di debito in circolazione.

I punti deboli degli Eurobond

Gli Eurobond sono stati accolti molto bene dal mercato. Ma soffrono la mancanza di un vero e proprio Paese a loro garanzia. È sostanzialmente per questa ragione che le attuali obbligazioni Ue pagano un rendimento leggermente superiore a a quello dei titoli del debito pubblico tedeschi e francesi. Nessun problema di collocazione, questo è certo: la prima uscita dell’ottobre 2020 nell’ambito del programma post-pandemia fece il record di ordini di sempre del mercato obbligazionario: 233 miliardi richiesti. Il secondo elemento che li rende meno stabili e sicuri dei titoli del debito pubblico dei Paesi più solidi è la loro natura transitoria: l’attuale programma di emissioni finirà nel 2026, con il limite al 2058 per la restituzione di tutto il debito.

C’è un futuro per gli Eurobond?

L’Unione Europea non si è ancora dotata di quelle fonti proprie di finanziamento del bilancio comune (una serie di tributi propri) che renderebbero solida, stabile e continuativa l’emissione di titoli del debito pubblico. Serve insomma l’unione fiscale, auspicata anche da Mario Draghi, che ha più volte affermato che solo un fisco comune di natura federale, finalizzato a finanziare investimenti relativi alle sfide comuni a tutta l’Unione Europea, può sostenere gli ingenti investimenti necessari alla transizione verde. Per non parlare degli strumenti di difesa comune. Insomma, mancano diversi tasselli per delle emissioni di Eurobond su base istituzionale.

Manca un Fisco Ue

Per questo le finanze Ue non offrono grandi margini di garanzia di rimborso, legate come sono solo al versamento dello 0,30% dell’Iva, ai proventi dei dazi, a un minimo di quote degli Ets energetici, ai contributi pro quota statali per ciò che manca di volta in volta (per esempio per l’Italia, che vale il 12% di questo tipo di contributi, si prevede un esborso nel 2024 di 14-15 miliardi). La situazione potrebbe migliorare con la Carbon Border Tax e alcuni prelievi sulle attività digitali: ma siamo lontani dallo “zoccolo” patrimoniale da usare come garanzia per rimborsare gli Eurobond in circolazione.

Le opzioni per la difesa

Per la difesa si è parlato di Defence bond: ancora una volta si tratterebbe di un progetto specifico di emissioni, con una altrettanto specifica finalità. Anche il rapporto Letta sul futuro dell’Unione Europea ha rimarcato la necessità di “un mercato unico per la sicurezza e la difesa”: “Il mercato unico dovrebbe rafforzare le capacità di difesa europee, immaginate come un mercato comune che garantisca a tutti i membri l’accesso alle capacità militari necessarie per la difesa dei loro cittadini e la promozione della pace globale”. E per finanziarlo, gli Eurobond sono una delle principali opzioni sul tavolo.

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