Economia

L’accusa di Monti: “Francia e Germania hanno fatto fare un passo indietro all’Europa”

Il senatore a vita ed ex presidente del Consiglio Mario Monti
Il senatore a vita ed ex presidente del Consiglio Mario Monti 

Per l’ex premier e senatore a vita nell’Unione sta tornando un “nazionalismo economico” e la decisione di Parigi e Berlino di alleggerire le norme sugli aiuti di Stato gli ha dato legittimità. Il consiglio ignorato da Meloni

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ROMA – Se Germania e Francia sono il motore dell’integrazione europea, oggi quel motore gira al contrario. A dirlo è il senatore a vita Mario Monti, uno che l’Europa la conosce bene, in un incontro organizzato dall’agenzia Arel per discutere il rapporto di Enrico Letta sul futuro del mercato unico, ma in cui si finisce a parlare soprattutto, e con un certo pessimismo, di come l’integrazione stia arretrando. “L’inerzia equivale al declino”, dice l’ex premier Letta, ribadendo il messaggio di urgenza contenuto nello studio che ha presentato due settimane fa al Consiglio europeo. E l’altro ex premier ed ex commissario europeo Monti gli ha fatto eco, dicendo che in Europa sta tornando un “nazionalismo economico”.

Prima ancora che alle forze sovraniste, però, Monti attribuisce una responsabilità alle due potenze “guida” dell’Unione, cioè Francia e Germania, “in questo caso asse del male”. Il riferimento è a quanto deciso dai capi di governo europei nella primavera del 2023 in risposta ai maxi investimenti americani nella transizione verde, cioè di alleggerire le norme comunitarie sugli aiuti di Stato anziché stanziare risorse comuni come aveva proposto di fare la presidente della Commissione von der Leyen. Una decisione concordata in prima battuta da Parigi e Berlino, che secondo Mondi «ha dato cittadinanza a questo nazionalismo economico e fatto fare un passo indietro all’integrazione», ancora più paradossale perché – ricorda – arrivata in un periodo in cui i rapporti tra il presidente Macron e il cancelliere Scholz erano ai minimi termini, “e l’unico terreno di intesa è stato negativo”. Il senatore ha vita ha anche aggiunto di aver suggerito prima del vertice alla premier Meloni di opporsi e minacciare il veto italiano, cosa che poi lei ha deciso di non fare.

Prima di quello di Letta, era stato proprio Monti – nel 2010 – a redigere un rapporto sul futuro del mercato unico. Documento rimasto in buona parte lettera morta, considerato che sotto molti punti di vista nell’ultimo decennio l’integrazione economica tra i Paesi europei non è avanzata, e in alcuni settori – per esempio i bandi pubblici – è addirittura arretrata. Il rischio che anche le proposte di Letta abbiano lo stesso destino è concreto, vista anche la distanza che si percepisce tra il dibattito tecnico, dove quasi tutti riconoscono che solo l’unita l’Europa ha la possibilità di competere nella sfida tecnologica e industriale con Cina e Stati Uniti, e la campagna elettorale in vista del voto di giugno, dove l’unica questione europea di cui si parla è l’immigrazione.

E da dove possa venire un nuovo slancio all’integrazione è difficile da dire, se il Consiglio europeo, ha detto ancora Monti, si è trasformato sempre di più in luogo di decisioni minute e interessi nazionali, e se le imprese fanno lobby contro ciò che non funziona a Bruxelles ma non nelle singole capitali per contrastare la deriva nazionalista. Ci proverà Mario Draghi, altro grande tecnico prestato alla politica come Monti, a dare la scossa, con il rapporto sulla competitività europea che presenterà dopo le elezioni, quando più di qualcuno ipotizza per lui un ruolo europeo di vertice. “Proporrò un cambiamento radicale”, ha anticipato Draghi. Ma la strada per quel cambio di passo europeo appare tutta in salita.

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