Napoli

Ultim'ora

Tennis, Internazionali: Zverev torna re di Roma, battuto Jarry in finale

La storia

Maradona & Menotti, gol, vittorie e polemiche. Quando il tecnico ammise: “Ho sbagliato a non portare Diego al Mondiale...”. E sul migliore di tutti i tempi: “Ma come Pelè non c’è mai stato nessuno”

Maradona & Menotti, gol, vittorie e polemiche. Quando il tecnico ammise: “Ho sbagliato a non portare Diego al Mondiale...”. E sul migliore di tutti i tempi: “Ma come Pelè non c’è mai stato nessuno”
(afp)

Il lungo e tormentato rapporto tra il fuoriclasse di Napoli e Argentina e il tecnico della Seleccion scomparso a 85 anni

2 minuti di lettura

Pianse. A dirotto. Disperato, il giovanissimo Diego Armando Maradona, quando scoprì che non avrebbe fatto parte della Nazionale argentina che avrebbe disputato (e vinto) il Mondiale del 1978 per di più in casa. Una delusione cocente. Una cicatrice nell’animo mai veramente rimarginata. A escluderlo, Cesar Luis Menotti, iconica figura di allenatore con il quale El Pibe avrebbe avuto in vari momenti un rapporto lungo e tormentato, scomparso a 85 anni.

Sono girate varie versioni sul “no” a quel ragazzino che era già un imprendibile funambolo anche se aveva soltanto 16 anni ma di certo Menotti, pur alzando alla fine la Coppa (con una buona dose di fortuna per via della traversa colta nel finale dei tempi regolamentari dall’Olanda), se ne pentì.

Qualche anno fa in una intervista a Radio Mitre, El Flaco (sta per il magro, ndr) confidò: “Ho fatto un errore a non convocare Maradona per il Mondiale del ‘78 ma, essendo riuscito a vincere il titolo con quella Nazionale, poi nessuno ebbe il coraggio di dire nulla”, almeno in quel momento.

E aggiunse: “Diego è stato il più grande in Nazionale. E la Fifa, quando capì che non era controllabile, lo assassinò...”. Un termine forte per riassumere i grandi contrasti con il governo del calcio mondiale e le accuse di congiure legate alle squalifiche per doping dell’argentino.

Ma sul perché della mancata convocazione, nulla. Forse la versione più credibile resta quella di Leopoldo Luque, il bomber dai baffoni spioventi e dallo spiccato senso della rete: “Maradona restò fuori dalla lista perché Menotti aveva dato la sua parola a quattro giocatori, me compreso, giurando loro che avrebbero sicuramente partecipato al campionato del mondo, e non poteva più tornare indietro. Allora pensò che la cosa più logica da fare fosse cancellare dalle convocazioni il più giovane, che era il diciassettenne Diego...”.

Amore e odio. Così può riassumersi il lungo rapporto tra i due. Perché fu proprio Menotti a far esordire il fuoriclasse in Nazionale nel febbraio del 1977 e sempre al Flaco si deve l’exploit al Mondiale Under 20 del 1979 in Giappone quando l’Argentina del fenomeno-ragazzino mise in file tutti per conquistare la Coppa rivelandosi definitivamente al mondo intero.

E ancora, con El Flaco il numero Dieci giocò lo sfortunato Mondiale spagnolo del 1982 e fece il suo esordio in un club europeo, il Barcellona (altra esperienza non indimenticabile per l’asso di Lanus).

Nel tempo tra i due si sono alternate dichiarazioni di segno diverso. In un’altalena di sentimenti difficilmente conciliabili. Amore e odio, appunto. E ammirazione reciproca, ovviamente. Quando allenava i calciatori messicani a Sinaloa El Pibe ebbe a dire: “Menotti ci faceva correre come i tedeschi e toccare il pallone come i brasiliani”. Una medaglia dal più grande calciatore del mondo.

(afp)

Ma, un momento, non il più grande secondo il Flaco che diede un grande dolore sportivo (un altro) a Diego quando, intervistato su chi fosse il migliore calciatore di sempre, rispose, appena pochi mesi fa: “C’è un giocatore che non è comparabile con nessun altro, è impossibile paragonarlo: Pelè. Uno che che se avesse giocato oggi avrebbe vinto da solo le partite. Lui contro tutti gli altri? Sarebbe finita ogni volta 5 a 0 per lui. Nessuno può confrontarsi con Pelè”. Una coltellata.

Ancor più profonda quando aggiunse: “Sì, poi, dopo Pelè, abbiamo Diego, abbiamo Cruyff, Di Stefano, che furono grandi. E ora c’è Messi. Però Pelè era di un altro pianeta. E lo dico con assoluta certezza perché ho condiviso un anno nel Santos giocando con lui, uno come lui è irripetibile“.

Vicini eppure così lontani Diego e Cesar. Al punto che il secondo non gli diede mai i gradi di capitano nella Nazionale maggiore, preferendogli sempre Daniel Passarella. E il secondo trovò la fascia e la sua massima legittimazione soltanto con un altro tecnico della Seleccion: Bilardo. Ennesimo capitolo di un rapporto tormentato tra grandi protagonisti del calcio.

I commenti dei lettori