Economia

LA VERTENZA

Ex Ilva, pronti 400 milioni per ripartire. Un piano in tre fasi per Taranto, Genova e Novi Ligure

Ex Ilva, pronti 400 milioni per ripartire. Un piano in tre fasi per Taranto, Genova e Novi Ligure
(ansa)

Il management di Acciaierie d’Italia illustra gli interventi ai sindacati, che chiedono impegni concreti per il rilancio della produzione e il rientro dei lavoratori dalla Cig. Il ministro Urso: lo scudo legale per proteggere gli acquirenti si farà in Parlamento

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Non un piano industriale, ma di ripartenza. Nella sede di Confindustria, Acciaierie d’Italia illustra ai sindacati interventi per 400 milioni. L’obiettivo immediato è ripristinare le condizioni di normalità per gli impianti e creare una gestione ordinata, che consenta all’azienda di tornare sicura per i lavoratori e attrattiva per i potenziali investitori. A presentare il documento, il direttore Giuseppe Cavalli e il responsabile delle Risorse umane, Claudio Picucci, che puntano a sottoscrivere un accordo con i sindacati entro metà giugno. Il piano si articola in tre fasi: “cantiere"; fase a un altoforno; fase a due altoforni. L’80 per cento dei 400 milioni disponibili sarà investito nello stabilimento di Taranto. Inoltre, è prevista la gestione di un piano di produzione che, partendo da 1,5 milioni di tonnellate l’anno, arriverà dopo l’estate a 4 milioni di tonnellate l’anno, con l’avvio del secondo altoforno, sempre a Taranto. Nello stabilimento del capoluogo jonico, inoltre, sarà attivo un treno di laminazione a caldo, mentre tutto il laminato a freddo andrà a Genova, raggiungendo dopo l’estate 450mila tonnellate l’anno e 600mila tonnellate l’anno a Novi Ligure.

Il coinvolgimento dei lavoratori

“Mettere in sicurezza gli impianti e mantenere attiva la produzione, avendo il sostegno dei principali clienti e fornitori, era per noi il passo preliminare – osserva Giuseppe Cavalli, dg di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria –. Ora è necessario coinvolgere i lavoratori, dando loro visibilità dei prossimi passi, rendendoli partecipi del piano di ripartenza e trasmettendo loro e alle loro famiglie sicurezza e fiducia. Sarà proprio questo l’aspetto centrale che potrà essere apprezzato dai potenziali acquirenti”.

Le richieste dei sindacati

I sindacati aprono alle novità, ma non nascondono perplessità su alcuni punti. “Fino al prossimo agosto sarà in funzione un solo altoforno, poi ci sarà la ripartenza di Afo2 – dice il segretario generale della Fim Cisl, Valerio D’Alò -. È stato illustrato un piano di manutenzione per ogni singolo impianto, non ci potrà essere la ripartenza di tutti gli impianti nell'immediato, ma questo non ci suona strano. Si è parlato anche di cassa integrazione, visto che arriverà la nuova procedura abbiamo chiesto che venga gestita in maniera diversa rispetto al passato. Per noi è un primo passo che deve riportare al riavvio di un gigante che dovrà essere messo nelle condizioni di essere ceduto”. "Finalmente si è fatta chiarezza, non è un piano industriale, ma di ripartenza – osserva Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom Cgil -. Noi abbiamo posto il tema del rientro al lavoro degli addetti attualmente in cig. Non si è parlato di cosa succederà nel 2025, della visita delle aziende interessate all’acquisto di cui parla il ministro Urso né della destinazione di ulteriori finanziamenti. Pensiamo che il governo debba chiarire su questo punto, i soldi servono per le manutenzioni, per gli impianti e per garantire la piena occupazione”. Per la Uilm il piano deve essere migliorato. “Abbiamo chiesto di prevedere che tutti gli impianti possano essere nel tempo manutenuti e riavviati, in attesa di conoscere il vero piano industriale – riferisce il segretario generale Guglielmo Gambardella -. Va mantenuto e garantito l'attuale assetto impiantistico che è strettamente legato ai livelli occupazionali, senza predeterminare uno scenario diverso dall’accordo del 2018, l'unico firmato dalle organizzazioni sindacali e votato dai lavoratori. Riteniamo, inoltre, positiva l'intenzione dell’azienda di voler integrare il reddito dei lavoratori in cassa integrazione e anche l’obiettivo di garantire la massima rotazione perché nessun lavoratore possa essere messo a zero ore”. Per l’Usb, è stato discusso per la prima volta un piano complesso, ma concreto. “Va certamente sottolineata – osservano Franco Rizzo e Sasha Coalutti – la disponibilità, l’apertura al dialogo e la volontà di proseguire sui territori, attraverso momenti di confronto nei singoli stabilimenti”. Per Antonio Spera, segretario generale della Uglm, è positivo che sia stato esposto un piano di ripartenza, anche se “ci aspettavamo risposte sulla reale situazione occupazionale dei lavoratori diretti e indiretti e sugli ammortizzatori sociali”.

Lo “scudo” legale per gli acquirenti

Intanto, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, da Parma, rilancia sulla possibile cessione del complesso siderurgico. “Tra poche settimane, alcuni importanti aziende del settore, strategiche sul piano internazionale, visiteranno gli impianti per completare le loro eventuali proposte di natura ovviamente industriale – afferma –. Siamo fiduciosi che finalmente possa risorgere la siderurgia italiana, leader in Europa anche e soprattutto in questo momento sul piano della tecnologia green e quindi del rispetto dell'ambiente”. Il ministro insiste anche sulla volontà di riconoscere uno “scudo” legale per mettere al riparo gli acquirenti da eventuali azioni di risarcimento da parte di ArcelorMittal. La norma, è stata stralciata dal decreto legge Agricoltura, approvato in Consiglio dei ministri, perché vanno chiariti alcuni aspetti di natura tecnico-giuridica apparsi poco convincenti a una parte del governo. A cominciare dalla necessità, prima di parlare di vendita, di prorogare il contratto di affitto, vicino alla scadenza, degli impianti, di proprietà di Ilva in amministrazione straordinaria, ad Acciaierie d’Italia, a sua volta commissariata. Urso annuncia che la norma sarà riproposta durante l’iter parlamentare di conversione del decreto.

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